Razionalità, minimalismo e ascolto dei clienti: l’architettura vissuta come strumento di relazione e trasformazione. Dalla pratica in cantiere alla progettazione di spazi versatili, il racconto di una professionista che unisce chiarezza, empatia e rigore funzionale.
Cresciuta tra cantieri, disegni tecnici e matite appuntite, ha respirato il mestiere fin da bambina, seguendo da vicino il lavoro del padre architetto. Da lì è nato un percorso naturale che l’ha portata a fare della progettazione non solo una professione, ma un vero e proprio modo di guardare il mondo. In questa intervista ci sono le sue esperienze sul campo, l’evoluzione del suo stile, il valore che attribuisce alla chiarezza e il ruolo dell’architettura nella società contemporanea. La visione da professionista di Beatrice Leocata unisce intuito e rigore, attenzione al cliente e consapevolezza del contesto, con una forte vocazione alla polifunzionalità: per lei, un edificio è davvero riuscito quando riesce ad adattarsi a usi diversi, rimanendo funzionale e riconoscibile nel tempo.
Quando e come ha capito che voleva intraprendere la professione di architetta?
Mio papà è architetto e insegnante di educazione tecnica, quindi ho passato l’infanzia tra disegni, cantieri, tecnigrafi… sempre al suo fianco. Mi è venuto naturale seguire le sue orme: sono sempre stata in mezzo alle matite e alle squadre. Ho iniziato l’università a 19 anni, mi sono laureata nel 2004 e, da dicembre dello stesso anno, ho iniziato a svolgere la professione. E non mi sono più fermata.
Beatrice Leocata
C’è stato un progetto o un luogo che ha influenzato il suo modo di vedere e svolgere la professione?
Sicuramente il cantiere. Fin da subito ho seguito la direzione lavori e lì ho imparato moltissimo: per esempio, a impostare i disegni in modo che fossero di semplice lettura per gli operai, ma anche a comprendere cosa si aspetta un cliente da un progetto ben gestito. Questo mi ha aiutata a concepire il mio lavoro come un lavoro di chiarezza per chi deve eseguirlo. Attualmente, come architetta, mi occupo di diversi aspetti, dalla pratica edilizia alla progettazione vera e propria, mettendo sempre al centro l’ascolto delle esigenze del cliente. I miei principali ambiti di lavoro sono due: il residenziale privato e gli studi medici. Dal 2007 collaboro con uno dei più importanti centri medici del Piemonte, un settore che è diventato una delle mie specializzazioni.
Come definirebbe il suo stile progettuale? Ha riferimenti o ispirazioni?
Sono una persona profondamente istintiva, ma al tempo stesso molto razionale, e queste due componenti convivono e si riflettono nel mio modo di progettare. Da un lato mi affido all’intuizione per trovare soluzioni che siano originali, funzionali e che rispondano in modo empatico alle esigenze del cliente; dall’altro mantengo sempre un approccio logico e strutturato, che mi permette di ottimizzare al meglio gli spazi, rendendoli efficienti e coerenti con il contesto.
Progetto: Beatrice Leocata
Razionalità e minimalismo sono due concetti guida nel mio lavoro: mi aiutano a eliminare il superfluo per lasciare spazio all’essenziale, senza mai perdere di vista l’identità di chi vivrà quegli ambienti.
Se dovesse individuare un’icona urbana che racconta bene il nostro tempo, quale le verrebbe in mente?
Se penso a Torino, la mia città, mi viene in mente il Palazzo a Vela, detto anche Palavela. È un edificio su cui ha lavorato anche Gae Aulenti, architetta italiana particolarmente dedita al tema dell’allestimento e del restauro architettonico. Oltre a essere una struttura di grande valore architettonico, si tratta di un edificio polifunzionale, capace di accogliere eventi e attività tra loro molto diversi: conferenze, spettacoli, mostre, incontri istituzionali o iniziative culturali. Questa versatilità rappresenta, a mio avviso, uno dei principali punti di forza di qualsiasi edificio contemporaneo.
Più una struttura è in grado di adattarsi a contesti e usi differenti, più diventa riconoscibile, significativa, e iconica all’interno del tessuto urbano e sociale. L’architettura, infatti, non è solo estetica o ricerca formale: è prima di tutto funzionalità, capacità di rispondere a esigenze concrete, presenti e future. È una disciplina che mette insieme bellezza e intelligenza progettuale, integrando elementi strutturali, tecnologici e simbolici che devono necessariamente dialogare tra loro. Un edificio ben progettato non è solo bello da vedere, ma anche vivo, aperto, in relazione costante con le persone e il territorio che lo circondano.
Progetto: Beatrice Leocata
Che ruolo ha, secondo lei, l’architettura nella società attuale per migliorare la qualità della vita?
L’architettura ha un ruolo fondamentale nella società. Ogni progetto, dal più piccolo al più grande, dovrebbe essere pensato per offrire il massimo comfort, sia ambientale che visivo. Tutto deve essere progettato mettendosi nei panni di chi vivrà quegli spazi, perché è proprio il cliente a usarli ogni giorno.
Credo che l’esperienza nella progettazione di studi medici mi abbia insegnato molto sul concetto di funzionalità: questi spazi devono mettere a proprio agio il paziente, evitare percorsi troppo complicati, essere accoglienti come una casa. E poi ci sono le normative: per esempio, quelle legate alle barriere architettoniche e alle attività sanitarie. Tutti questi elementi devono convivere, per dare forma a strutture che siano allo stesso tempo funzionali, accoglienti e a norma.
Dal suo punto di vista, cosa deve garantire un infisso oggi, oltre all’efficienza energetica?
Sicuramente la robustezza. I serramenti di oggi hanno prestazioni molto diverse, basti pensare al tipo di vetro utilizzato (singolo, doppio). Ma non solo: anche l’estetica è importante. Un infisso deve armonizzarsi con l’ambiente circostante, non può essere scelto a caso, specialmente negli edifici storici.
Progetto: Beatrice Leocata
In quei casi, è importante rispettare forma, dimensione, colore e disegno dei serramenti originali. Ovviamente si può lavorare con differenze tra l’interno e l’esterno: per esempio, in uno dei progetti che ho seguito con i fratelli Bosio, l’esterno del serramento era verdino, mentre l’interno era nero. Si può giocare con queste soluzioni, sempre nel rispetto del contesto architettonico.
Photo cover: IStock / Worawee Meepian