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«L’architettura deve emozionare, non solo funzionare»: il metodo CC Architects

di Annarita Cacciamani
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Uno studio nato da una forte intesa personale e professionale: così gli architetti torinesi Alberto Castagneri e Daniele Caminito raccontano il loro percorso tra ispirazioni, scelte progettuali e sfide condivise.

La capacità di coniugare visione e concretezza è fondamentale nell’architettura contemporanea. E l’obiettivo è creare spazi che siano utili e capaci di emozionare. Ne sono convinti Alberto Castagneri e Daniele Caminito, torinesi, fondatori dello studio CC Architects, con sede a Torino e Milano.

Scegliere l’architettura è stato un atto naturale o una decisione ragionata? Ricordate com’è nato questo sodalizio professionale?

Il percorso verso l’architettura è nato in modo naturale, alimentato da passioni personali che, nel tempo, si sono tradotte in una scelta consapevole. L’interesse per lo spazio, la materia, l’efficienza energetica e la relazione tra persone e ambiente costruito ci ha spinti a intraprendere questa strada. Il sodalizio professionale è nato durante gli anni universitari, dove si è sviluppata una sintonia fatta di visioni complementari e di un confronto continuo. Da subito è emersa la volontà di costruire qualcosa di solido, basato non solo su competenze tecniche ma anche su una forte intesa umana. Quell’equilibrio tra approccio analitico e sensibilità progettuale è diventato, col tempo, la nostra firma.

Avete costruito uno studio con un’identità precisa: quali sono le vostre “icone urbane” personali, che vi ispirano nel lavoro quotidiano?

Ci ispiriamo ai grandi studi internazionali di architettura, realtà associate di rilievo da cui trarre ispirazione. La loro forza sta anche nel fatto che nessuno di loro è italiano: uno sguardo esterno che ci stimola a uscire dai confini abituali e a confrontarci con visioni nuove e ambiziose. Ma l’ispirazione arriva anche dagli ambienti stessi. Ognuna ci insegna qualcosa sul vivere lo spazio, sulla relazione tra pubblico e privato, sul modo in cui l’architettura può generare senso di appartenenza. Quelle che per noi sono vere “icone” non si limitano a essere edifici celebri, ma rappresentano il risultato di una comunità trasversale, capace di unire competenze diverse, dall’architettura alla giurisprudenza, fino alla contabilità. Un approccio che supera i confini del classico studio professionale. 

Viviamo un’epoca in cui il design gioca un ruolo chiave anche negli spazi pubblici: che approccio portate in questo equilibrio tra funzione e atmosfera?

In ogni progetto di spazio pubblico ci muoviamo con una doppia attenzione: da un lato la funzione, che deve essere chiara, accessibile e duratura; dall’altro l’atmosfera, che è ciò che fa vivere davvero il luogo, lo rende riconoscibile, accogliente, memorabile. Il nostro approccio è dialogico: ascoltiamo il contesto, la comunità, la storia del luogo e traduciamo tutto questo in un design che non impone, ma accompagna. L’obiettivo è creare spazi che siano utili, ma anche capaci di emozionare.

 

Dopo tanti progetti condivisi, qual è stata l’opera o la sfida che vi ha davvero messi alla prova come professionisti e come persone?

Una delle sfide più complesse – e allo stesso tempo più arricchenti – è stata la nascita di nuove realtà imprenditoriali collegate al mondo dell’architettura. Espandere il lavoro oltre lo studio, fondando società che operano in ambiti affini, ci ha richiesto di acquisire nuove competenze e affrontare responsabilità diverse. Dal punto di vista professionale, ha significato confrontarsi con dinamiche aziendali, pianificazione strategica, team management e sviluppo di visioni a lungo termine. A livello personale, ha richiesto adattamento, fiducia reciproca e una grande capacità di affrontare l’incertezza. È stata una tappa fondamentale del nostro percorso, che ci ha permesso di crescere non solo come architetti, ma come realtà multidisciplinare capace di generare valore su più livelli.

TAVOLA (7)In un progetto di ristrutturazione o nuova costruzione, che peso attribuite alla scelta degli infissi?

Gli infissi hanno un ruolo centrale nel progetto. Non sono semplici elementi tecnici, ma veri e propri dispositivi architettonici che definiscono il dialogo tra interno ed esterno, tra luce e materia, tra isolamento e apertura. La scelta di un infisso incide su tre aspetti fondamentali: la qualità estetica dello spazio, le prestazioni energetiche e il comfort abitativo. Per questo li selezioniamo con grande attenzione, valutando materiali, tecnologia, durabilità e coerenza formale con il progetto complessivo. Un buon infisso non si nota, ma si sente: nella temperatura dell’ambiente, nella silenziosità, nella continuità visiva col paesaggio. È un dettaglio che racconta la cura con cui è stato pensato tutto il resto.

 

Annarita Cacciamani

Photo cover: Alberto Castagneri e Daniele Caminito

Altre foto: Tavole e progetti dello studio 

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